L’articolo di oggi esprime il parere della Dottoressa e ricercatrice Giulia Bassanini in merito all’utilizzo del CBD a scopo terapeutico. Parlare con un medico ci può aiutare a capire quali sono gli effetti di questo prodotto naturale e come possiamo beneficiare delle sue proprietà. Ovviamente non tutti i medici concordano sull’utilizzo e sull’efficacia della cannabis. Sulla base dei dati raccolti la Dottoressa ha deciso di scrivere il seguente articolo esprimendo infine un suo parere.
Negli ultimi anni, l’interesse verso la legalizzazione della Cannabis è aumentato notevolmente. Si evidenzia il potere terapeutico di alcuni componenti della Cannabis sativa e, in particolare, dei fitocannabinoidi che continene. Gli studi più promettenti si focalizzano sul cannabidiolo (CBD), il quale costituisce circa il 40% dell’estratto della pianta rappresentando il secondo ingrediente tra i più attivi.
Il CBD viene isolato per la prima volta da Adams e colleghi nel 1940. La sua struttura viene identificata 23 anni dopo. Dopo la sua scoperta, vengono condotti numerosi studi per meglio caratterizzare la molecola e i suoi effetti clinici. A differenza del tetraidrocannabidiolo, più comunemente noto come THC, psicoattivo e responsabile di numerosi effetti avversi quali ansia e tachicardia; il CBD possiede diverse proprietà benefiche, dimostrate da studi in vitro (colture cellulari) e in vivo (animali e uomo).
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il CBD è generalmente ben tollerato e sicuro nell’uomo. Al momento sono pochi gli effetti avversi relativi alla sua assunzione sotto forma di oli ed integratori. In particolare, Bergamaschi e collaboratori descrivono nel dettaglio il profilo di sicurezza e le diverse proprietà del CBD a scopo terapeutico. Questo, infatti, non induce catalessi e non altera i parametri fisiologici quali frequenza cardiaca, pressione sanguigna e temperatura corporea. In più, le funzioni psicologiche e psicomotorie non sono influenzate.
L’ambito medico di applicazione
L’uso del CBD in ambito medico sta prendendo piede, soprattutto nel trattamento di epilessia. In uno studio clinico, condotto su tredici bambini epilettici, la contemporanea somministrazione orale di Clobazam, farmaco comunemente utilizzato per il trattamento di disordini neurologici, e di CBD evidenzia come quest’ultimo aumenti la biodisponibilità del farmaco. Permette così la riduzione del dosaggio del farmaco e conseguentemente degli effetti collaterali.
Uno studio presentato all’American Academy for Neurology, nel 2015 indaga gli effetti di un farmaco a base di CBD (Epidiolex) in 137 pazienti con diverse forme di epilessia quali Sindrome di Dravet (16%), Sindrome di Lennox–Gastaut (16%), e altre dieci forme di epilessia rara.
In questo studio, quasi il 50% dei pazienti riscontra una riduzione della frequenza di crisi. Gli effetti avversi più frequenti si manifestano attraverso stanchezza nel 21% dei casi, diarrea nel 17% e riduzione dell’appetito nel 16%. Solo in pochi casi, gli effetti indesiderati sono severi, sebbene non si possono attribuire all’Epidiolex. Dopo l’approvazione nel 2018 negli Stati Uniti, l’Epidiolex è stato autorizzato anche in Europa per il trattamento di crisi epilettiche dovute alle sindromi precedentemente citate, in associazione a farmaci antiepilettici.
I molteplici usi del CBD a scopo terapeutico
Oltre alle possibili applicazioni del CBD in forme epilettiche rare, esso è comunemente utilizzato nella gestione dell’ansia e della depressione. Sebbene al momento non sono presenti numerosi studi clinici. Das e colleghi evidenziano come in seguito ad uno spavento, l’assunzione di CBD può ridurre l’ansia. Inoltre, in un caso clinico di Cannabis Withdrawal Syndrome, trattato per 11 giorni con diverse dosi di solo CBD. Gli autori descrivono una rapida e progressiva riduzione degli stati dissociativi e ansiosi, tipici di chi assume sistematicamente THC .
Il CBD a scopo terapeutico sembrerebbe rappresenti un possibile trattamento per il dolore cronico, soprattutto grazie alla sua attività antinfiammatoria.
Ad esempio, in un modello murino di artrite reumatoide, gli autori evidenziano come la somministrazione giornaliera di CBD abbia inibito la progressione della patologia. Agendo sulle citochine, molecole pro-infiammatorie.
Inoltre, la somministrazione di CBD è valutata anche in pazienti affetti da leucemia acuta o sindrome mielodisplastica e sottoposti a trapianto allogenico. L’obiettivo è di evitare la Malattia del Trapianto contro l’Ospite, riconosciuta come GVHD, o più comunemente descritta come rigetto dell’organo. Nello specifico, lo studio compara l’assunzione di CBD in tali pazienti, confrontandola con metodi standard e ne evidenzia gli effetti benefici. Oltre a non sottolineare effetti avversi, i pazienti non sviluppano la GVHD e dopo 16 mesi dal trapianto, l’incidenza della patologia è ridotta.
Gli studi continuano
Tuttavia, servono ulteriori studi sull’uomo, per meglio descrivere i possibili effetti indesiderati che sono stati riscontrati principalmente in vitro o in modello animale.
Probabilmente le differenze che si evidenzia tra gli studi su topi e quelli sull’uomo, possono ricondursi alla diversa modalità di somministrazione. La somministrazione di CBD nell’uomo avviene per via orale oppure per via inalatoria, mentre nel topo per iniezione intraperitoneale o per via orale.
Ad esempio, uno studio su topi condotto da Deiana e collaboratori, somministra diverse dosi di CBD sia per bocca che intraperitoneale, misurando poi i livelli del fito-cannabinoide nel sangue. Il gruppo di topi, che riceve il CBD oralmente, ne presenta una quantità inferiore rispetto all’altro gruppo.
Inoltre, è possibile che i target del CBD differiscano tra uomo e topo, dunque una stessa concentrazione della sostanza nel sangue può indurre effetti diversi. In particolare, la biodisponibilità del CBD nel topo è maggiore rispetto a quanto avviene nell’uomo, causando dunque effetti amplificati sia positivi che negativi .
Questi studi dovrebbero coinvolgere un elevato numero di individui, per analizzare gli effetti sul lungo termine e la possibile interazione del CBD con farmaci.
In conclusione, le evidenze sul CBD sono promettenti e, sebbene servano studi più ampi e a lungo termine, l’assunzione di CBD a scopo terapeutico risulta sicura e sembrerebbe essere di grande aiuto, soprattutto nel trattamento di epilessia, ansia e dolore cronico in patologie infiammatorie come artrite e fibromialgia.
Articolo a cura di Giulia Bassanini, Dottoressa e ricercatrice
la sto facendo provare a mia moglie affetta da parkinson ha cominciato a fine luglio 2020 ad ora 30 ott.2020 il dolore è scomparso devo provare se aumentando la dose trova piu beneficio ci aggiorneremo grazie